18 Lug Quando il corpo esprime i disagi dello spirito
Sono ormai numerose le ricerche mediche che sottolineano la stretta connessione tra mente, emozioni e salute, ma solo di recente il complesso rapporto tra sistema immunitario e cervello è diventato oggetto di studio di una vera e propria disciplina: la psiconeuroendocrinoimmunologia, per semplicità PNEI.
Una disciplina innovativa
Mentre l’antica medicina greca, insieme all’ayurveda e alla medicina tradizionale cinese, hanno da sempre sottolineato la profonda connessione tra corpo e mente e spirito, quindi tra psiche e salute, la medicina convenzionale occidentale ha cominciato a indagare su questi legami solo a partire dagli anni ’30, con i lavori di Hans Selye sullo stress.
Oggi la psiconeuroendocrinoimmunologia ha fatto sue le conoscenze acquisite fin dai primi decenni del XX secolo dall’endocrinologia, l’immunologia e dalle neuroscienze, ricongiungendo queste tre branche in un unico modello coerente per arrivare a una visione più organica e unitaria della salute. In un certo senso, vuole recuperare le tradizioni mediche antiche delle quali riprende l’approccio olistico, ma in un quadro di scienza avanzata. Si tratta insomma di un approccio unitario all’essere umano, che con il bagaglio di conoscenze accumulato nei secoli diventa oggi ancora più promettente e interessante.
«La PNEI», sottolinea Francesco Bottaccioli, uno dei massimi studiosi della materia e presidente onorario della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia, «si occupa delle relazioni esistenti tra la psiche e i grandi sistemi di regolazione fisiologica dell’organismo umano: il sistema endocrino, quello nervoso e quello immunitario».
Nel corso di ricerche molto avanzate, è stato dimostrato in modo chiaro e inequivocabile che il cervello può influenzare il sistema immunitario, e che quest’ultimo, a sua volta, fatto ancora più sorprendente, può far sentire i suoi effetti sul cervello. Sono state decifrate anche le intermediarie di questo «dialogo» interno al nostro corpo: si tratta di piccole molecole, i «neuropeptidi», che vengono rilasciate e captate dalle cellule nervose, da quelle immunitarie e da quelle endocrine.
Già nei primi decenni del ’900 si sapeva che fattori fisici, infettivi e psichici possono scatenare lo stress, inducendo una reazione neuroendocrina e neurovegetativa. Negli anni ’70 si dimostrò che lo stress causa un aumento di produzione di cortisolo, diminuendo la risposta immunitaria. In seguito fu chiarita la comunicazione bidirezionale tra cervello e immunità e, con il tempo, fu dimostrato che un’infiammazione può avere un’origine nervosa.
«Allo stesso tempo», spiega Bottaccioli, «è chiaro che le citochine rilasciate dalle cellule immunitarie, viaggiando con il sangue o con i grandi nervi cranici (come il nervo vago), sono in grado di portare segnali fin dentro il cervello, e quindi di influenzare sia le attività biologiche (febbre, fame, sazietà ecc.) sia quelle psicologiche (ansia, depressione)».
Un approccio integrato
La dimostrazione del legame tra cervello, stress e immunità porta con sé la necessità di interrompere la contrapposizione tra mente e corpo, dando il via a un approccio integrato. Per chiarire meglio, Bottaccioli porta l’esempio della depressione e dell’ansia, disturbi prettamente psichici che di solito vengono affrontati unicamente con un approccio psicologico, di per sé insufficiente senza tener conto dell’aspetto biologico: in primo luogo la dieta (la carenza di acido folico e di omega 3 e la vitamina D, hanno conseguenze dimostrate sull’umore), ma anche l’attività fisica. Quest’ultima, spiega lo specialista, «produce sostanze attive sul cervello e sull’ansia in generale».
Combattere lo stress
Per prima cosa occorre essere consapevoli.
Il primo passo è monitorare i segnali che la mente e il corpo mostrano quando si è sotto stress. Ogni persona vive questo stato in modo differente e, dunque, è necessario chiedersi: “cosa penso? Cosa provo e quali sensazioni ho quando sono sotto stress?”. Ad esempio, alcune persone hanno difficoltà a concentrarsi, altre si sentono irritabili… Il primo passo è monitorare i segnali che la mente e il corpo mostrano quando si è sotto stress.
Lo stress è una risposta aspecifica (Selye, 1930), attivata da una qualunque situazione percepita come superiore alle proprie forze. E’ quindi importante individuare gli eventi quotidiani che portano ad attivare la risposta di stress. Hanno a che fare con la famiglia? Il lavoro? La cura della casa?
Definire e prendere nota di queste situazioni si rivela molto utile per combattere lo stress e prevenirne e gestirne gli effetti collaterali. Una volta capaci di riconoscere i segnali di stress e le situazioni che li attivano è necessario gestire l’attivazione fisiologica insita nella risposta di stress.
Affrontare lo stress
Una seconda strategia è quella di fare un passo indietro da queste situazioni e darsi il permesso di prendere una pausa, dedicarsi a qualcosa che riduca lo stato di stress non potrà che migliorare il modo di affrontarlo.
Di seguito sono presentate alcune di queste attività:
• Esercizio fisico:
Molte ricerche ormai hanno dimostrato come l’esercizio fisico abbia un potente effetto anti-stress (Jackson, 2013). Se affrontato con regolarità, l’esercizio produce delle sostanze chiamate endorfine. Queste contrastano le sensazioni spiacevoli di stress e producono sensazione di energia e vitalità. La letteratura (Hamer et al., 2008) mostra come anche 20 minuti di camminata al giorno possano essere di beneficio per molte ore.
• Respirazione diaframmatica:
Il ritmo e la tipologia di respirazione può avere un grande impatto sugli aspetti fisiologici dello stato di stress. In generale possono essere distinti due tipi di respirazione. Quella alta o clavicolare che coinvolge i muscoli del torace e quella bassa o diaframmatica che utilizza in misura maggiore il diaframma (il muscolo a cupola adibito proprio alla respirazione).
Solitamente in periodi di forte stress a causa delle tensioni muscolari, le persone utilizzano principalmente il primo tipo di respirazione. Così facendo tuttavia riempiono meno i polmoni e aumentano il ritmo respiratorio. Al contrario, la respirazione diaframmatica ha un ritmo più lento e costante. L’attivazione fisiologica dell’organismo può essere notevolmente ridotta da questo tipo di respirazione (Ma et al., 2017).
Per apprendere questa respirazione può essere utile sdraiarsi su un letto e poggiare le mani sulla pancia, se durante l’inspirazione questa si gonfia allora la respirazione è diaframmatica. In caso contrario, si dovrà cercare, molto gentilmente, di gonfiarla ad ogni inspirazione. È utile sottolineare come non si debba sforzarsi di “buttare fuori” la pancia. Basta rilassare i muscoli addominali per far spazio alla contrazione del diaframma.
Una volta imparato questo tipo di respirazione, valida per combattere lo stress, si potrà effettuare brevi sessioni di dieci minuti al giorno. L’inspirazione deve durare per circa tre secondi, mentre l’espirazione per cinque secondi. Allungare il tempo di fuoriuscita dell’aria dai polmoni stimola naturalmente la nostra risposta di rilassamento attraverso il nervo vago (Russo et al., 2017).
• Meditazione:
La letteratura indica che praticare quotidianamente una forma di meditazione permette di ridurre la tensione psicologica e fisica (De Vine et al., 2012). Non sorprende, quindi, che uno dei protocolli più efficaci per la gestione dello stress sia il Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR; Kabat-Zinn, 2014; Khoury et al., 2015). Esso prende le mosse dalla meditazione mindfulness che mira a sviluppare un nuovo modo di rapportarsi ai propri pensieri e alle proprie emozioni.
• Tecniche di rilassamento:
Il rilassamento è quello stato psicofisiologico in cui l’attività del corpo si stabilizza su livelli di normalità. Quando si è in questo stato il fisico non è sollecitato per rispondere a richieste ambientali e pertanto è percepito come uno stato di benessere e serenità.
Al fine di ridurre lo stress, soprattutto se cronico, può essere utile apprendere delle tecniche di rilassamento. La procedura più diffusa e storicamente efficace è il rilassamento muscolare progressivo di Jacobson (1929). Essa prevede l’alternarsi di momenti in cui sono contratti volontariamente alcuni muscoli e momenti in cui questi muscoli sono rilasciati.
Ad esempio, si potrà iniziare a stringere le mani per cinque secondi per poi rilasciarle improvvisamente per i successivi quindici. Si passerà poi alle braccia, alle spalle, alle cosce, ai piedi e al volto, per poi iniziare nuovamente il ciclo e completarlo tre volte. Se l’esercizio viene fatto giornalmente, in poche settimane diventerà sempre più semplice richiamare lo stato di rilassamento permettendo di entrarci anche semplicemente pensando di rilassarsi.
Comunque esistono anche dei buoni integratori che aiutano a diminuire gli effetti dello stress.
Nell’azienda ‘Alchimia Beinot’ si possono trovare degli eccellenti prodotti che ci posso essere utili, cosi, oltre ai consigli sopra descritti, possiamo avere dei rimedi erboristici, “LE PIANTE AL SERVIZIO DEGLI ESSERI UMANI“.